L’identikit dell’azienda Bio

L’AGRICOLTURA BIOLOGICA:familiare (99%); giovane (il 22% è un conduttore tra i 20 e i 39 anni); colta (49% di laureati e diplomati). E che produce più reddito (+33,4%) e più lavoro ( +14%)

 

I dati sul nuovo modo di fare agricoltura presentati oggi alla BiodomenicaRoma, 12 ottobre 2014 – Imprenditori agricoli più giovani, più tecnologici, più innovativi. Soprattutto più ricchi e con possibilità di sviluppo maggiore rispetto ai loro “colleghi” convenzionali. Allo stesso tempo, però, fortemente orientati alla dimensione familiare e rispettosi di chi lavora.
Sembra incredibile ma parliamo proprio del nostro Paese e delle aziende biologiche made in Italy. I dati dell’ultimo Bioreport (un lavoro di Mipaaf, Inea, Ismea e Sinab) sono stati riportati all’attenzione durante l’appuntamento romano della Biodomenica che si è tenuto oggi a via dei Fori Imperiali a Roma. La Biodomenica, organizzata dall’AIAB e quest’anno arrivata alla sua 15 edizione, ha avuto come tema centrale quello dell’agricoltura familiare, in linea con le celebrazioni volute dall’Onu in tutto il mondo.
Un dato su tutti: secondo l’ultimo censimento Istat, su un totale di 1.620.844 aziende agricole e zootecniche, circa il 99 per cento fa ricorso a manodopera familiare.
“In questi giorni in cui si parla tanto di Ogm – dice Vincenzo Vizioli, presidente di AIAB – noi riaffermiamo con forza i valori del modello biologico e familiare con cui l’Italia deve presentarsi a Expo 2015”.
E sono state proprio le famiglie di agricoltori e allevatori (in tutto circa 100) ad arrivare oggi nella Capitale da tutto il centro Italia con l’obiettivo di condividere, attraverso esposizioni e degustazioni, la grande ricchezza del bio e di mostrare ai cittadini come questa modalità di produzione abbia trasformato il mondo dell’agricoltura. E anche quello dei consumi.
Tanto per cominciare con il biologico si guadagna di più e si crea più lavoro: il reddito netto per unità lavorativa familiare è di 51.478 euro contro i 34.294 euro delle aziende che producono in modo convenzionale . Allo stesso tempo nel bio si spende il 14% in più per il lavoro (22.957 € contro i 15.066 del convenzionale), semplicemente perché c’è più lavoro. “Nelle aziende bio – spiega Vizioli – c’è bisogno di più manodopera umana. Un facile esempio: dato che non si passa col trattore a dare il diserbante (lavoro di una persona), ci vogliono più persone che passano a togliere le erbe infestanti”.
“Se si considerano questi dati sul reddito – continua Vizioli – il modello agricolo di tipo industriale al quale sono orientate tutte le politiche e le norme attuali mostra il proprio fallimento anche sul piano economico”.
Gli stessi dati ci dicono poi che le aziende bio sono guidate da giovani (il 22% ha un capo azienda di età compresa tra i 20 e i 39 anni, a fronte del 9,6% relativo al totale delle aziende), in possesso di un titolo di studio mediamente elevato (il 17% è laureato e 32% ha un diploma di scuola superiore, contro rispettivamente, il 6% e il 18% ) e molto attenti alle nuove tecnologie e alle nuove forme di sviluppo. Il 15,6 % delle aziende biologiche italiane è informatizzato (contro il 3,8%, delle convenzionali), il 10,7% ha un sito web (contro, l’1,8%) e il 5,2% pratica l’e-commerce (contro lo 0,7%).
Molto importante, inoltre, la diversificazione delle attività produttive (agriturismo, attività ricreative e sociali, fattorie didattiche etc.), praticata dal 17% delle aziende biologiche (oltre il triplo rispetto a tutte le altre aziende) e la vendita diretta (praticata dall’89% delle aziende bio rispetto al 64% delle altre).
“Si tratta – ha detto Vizioli – di due caratteristiche che coincidono con quelle dell’agricoltura familiare e che rispondono a una domanda sempre più informata, esigente e complessa e che privilegia il rapporto diretto tra produttore e consumatore”.
“Nel biologico – dice Vizioli – possiamo parlare di un’evoluzione a 360 gradi, in linea con una trasformazione sempre più evidente della società e della domanda. Una forte propensione al cambiamento e all’innovazione e allo stesso tempo una salvaguardia di quei valori (primo fra tutti la dimensione familiare) che hanno fatto del made in Italy una delle produzioni più apprezzate al mondo. L’agricoltura familiare è, infatti, tuttora, il modello più diffuso e più sostenibile. Le aziende agricole a conduzione familiare producono beni pubblici e privati, garantiscono una produzione alimentare efficiente, creano occupazione e conservano le risorse naturali, la biodiversità e lo stile di vita delle comunità rurali”.

Insomma, realtà tradizionali che si uniscono alle nuove realtà di agricoltura urbana e che maggiormente valorizzano il territorio e i mercati locali offrendo concrete occasioni di lavoro per i giovani.
“Ci auguriamo – ha concluso Vizioli – che la politica e le normative si adeguino presto alla spinta di questo cambiamento che viene dagli stessi cittadini e dai loro orientamenti di acquisto sempre più evoluti”.

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Ufficio stampa AIAB

Michela Mazzali
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